martedì 30 settembre 2008

Fenomenologia d'una banchina d'attesa


Teso sollecitar vacuo d'energie destinate a paziente spreco

Svuotarsi progressivo della residua resistenza mentale

Banale ripetersi della medesima azione

declinata in tempi e modi diversi

Chi s'indigna del ritardo

chi non ci pensa

chi dimentica di star aspettando

chi si distrae

- osservando leggendo ascoltando -

chi cerca d'integrarsi

    chi aspetta con pazienza

    - si difende fumando e cantando -

chi prova a far discorso da navigato viaggiatore

e chi lo fa da presunto inesperto

chi arriva all'ultimo istante

di corsa

l'estasi d'un sorriso compiaciuto dell'approdo guadagnato

( se le porte si chiudono dopo il suo ingresso)

lo sgomento disperato e sovraesposto di rabbia

(se le medesime porte si serrano troppo presto).


Sarà necessario aspettare ancora.

Odissea Immobiliare

Sam senza casa, senza tetto, senza pace. Sam naufrago s'immerge in una nuova Odissea immobiliare. Senza epica rimane un canto stonato e vernacolare di sirene che si dicono agenti immobiliari, un mare in tempesta fatto di veicoli strombazzanti e nervosi, di fumi irregolari e contatti atipici.

Le porte d' abitazioni altrui si aprono alle visioni straniere, ti lasciano entrare, poi vorrebbero fagocitarti tra le loro mura in vendita. Il vento soffia forte e mi porta nella regia lontana del mio Alcinoo di città. Teniamoci al riparo, al coperto di mura amiche fino a quando non sarà ora di tornare o trovare la nostra Itaca.

Porta Portese è un campo minato, una novella Circe che trasforma i lettori in automi capaci di segnalare la convenienza o meno d'un annuncio, d'una via, d'un prezzo, d'un affare. Si va per esclusione e son gli altri a tagliarti. Tu provi, contatti, contratti, insisti.

Cancelli uno spazio d'armonia dopo l'altro. Una nuova opzione di quiete da abbandonare. Un altro numero da cancellare. Traccia una linea anche su quest'annuncio. S'assottigliano le possibilità mentre passano i giorni.

Si continua, ci si logora, si pensa d'esser sull'orlo d'un non ritorno.

Eppure ogni Odissea trova infine la sua terra promessa da (ri)conquistare dopo innumerevoli fatiche, riempendo la ricerca di abbagli di diverso genere, di falsi movimenti ed avventate scelte, di fittizi collaboratori ed ostacoli naturali di cui se ne ignorava l'esistenza.

Non splendente come nelle previsioni, non gloriosa come nell'immaginazione, a costi non preventivati ma necessari, si arriva infine alla meta. Una meta minore, non un ripiego ma il risultato del volerla smettere per un po' con la precarietà della corsa verso il luogo ideale.

Lo spazio conquistato diventa proprio quello non cercato, all'ultimo piano dell'ultima corsa, vicino al cielo, vicino al fiume

Girare intorno

L'ora è tarda ma i pensieri sono ancora in giro?

Nel giro di pochi minuti, la fine potrebbe arrivare.

Ci si vede in giro mi disse la musa dispettosa, ed iniziai allora con un certo stupore ad indagar con deciso spirito su dove potesse trovarsi questo vago luogo.

Designa un luogo mentale, ma per esser certo chieda in giro, mi consigliarono al bivio tra senso e non senso.

Ci si perde in giro!, piuttosto, mi suggerì un coro di voci tra la folla indistinta che andavo interpellando.

Ci si prende in giro, confessò mestamente uno dei fantasmi incontrati durante la ricerca.

Suonano sinistre le campane per chi è ormai fuori dal giro.

Sarà per il prossimo giro, m'augurò infine bonariamente una sorridente fanciulla che aveva fatta sua l'intera mia avventura.

lunedì 29 settembre 2008

Mal Umore


Un mal umore

presentato con clamore

ammirato con tepore

colpito nell'onore

si è mosso con stupore

ed autentico fervore

nominando con furore

un degno amore

come successore

d'alto spessore

sabato 27 settembre 2008

Spacciarsi

Esercizi patetico- ironici di nostalgia prevetiva
ad uso di lettori che navigano spediti verso un impossibile tramonto

Noi che ci credevamo capaci di grandi imprese
Noi che ci spacciavamo per arguti cercatori d 'abitazioni
Ora ci diciamo spacciati,
per un cattivo uso dello strumento della fiducia,
per una non preventivata veloce estinzione dello spirito collaborativo e solidale
tra un abitante della terra ed un altro suo simile.

venerdì 26 settembre 2008

S-componiamoci


Scomponiamoci per il bene della nostra pluralità.
Farsi scomposti per non dirsi decomposti.
Non facciamoci a pezzi ma diciamoci (fatti) a pezzi
Spezziamoci nel seguire la molteplicità delle vie possibili
Mandiamo una parte di noi ad allenare il corpo, un'altra a stuzzicare i sensi, una terza a riempir il serbatoio di conoscenze intellettive.
Mandiamole a spasso sopra le nuvole, tra i fantasmi del passato, i tavoli da pranzo o i campi da gioco.
Facciamo da esempio a chi non si scompone mai.
Non allarmiamoci se una di queste evidenzia una forte tentazione a fuggir lontano, a fuoriuscir da me e non prender più in considerazione le parti compagne.
Ad unir le fila, a ricondurre all'ovile le pecore disorientate dal pascolare senza indicazioni, ci pensa l'impeto del fiume che s'ingrossa a fine giornata , accoglie in sé tutti gli affluenti e fa in modo che la mandria degli Io di giornata si riposizioni ogni notte, almeno per qualche istante, ad ammirare lo spettacolo vuoto ed assordante d'un soffitto bianco ed immobile

giovedì 25 settembre 2008

Ri-considerare


Ri-considerare

il gioco della richiesta e dell'offerta

le modalità di

relazione

la nozione di

comodità

l'illusione di

necessità

il bavaglio della

dignità

la scorciatoia dell'

opportunità

la scadenza dell'

ospitalità

la mancanza di

tempestività

la perdita di

giocosità

l'importanza dell'

autorità

l'ipocrisia della

legalità

la naturalezza dell'

insanità

lunedì 22 settembre 2008

Le nostre carrozzerie violate


Risvegli ammaccati come le nostre carrozzerie violate. Trasformati in automobili da rottamare, per evidenti conseguenze di scontri dalla diversa caratura.

Ora figuriamo doloranti, in posa, a farsi fotografare i lividi metallici da artista pronto a scattare e ad immortalare la superficie non più lineare dei nostri gusci protettivi.

Eravamo dalla pelle liscia e delicata prima che il traffico sclerotico del mondo ci facesse diventare ruvidi e scorbutici.

Distribuivamo sorrisi fiduciosi ed ora i fari sono appannati da compromessi che ledono la limpidezza dei nostri sogni.

Sfrecciavamo rapidi e prestanti sull'asfalto prima che agenti estranei si frapponessero con fare arrogante al centro della via.

Dei nostri motori giovani ora non rimane che il ricordo impresso in gesta antiche ed echi lontani.

Meglio farsi da parte se la lotta non suona una melodia gentile, se la disputa non viaggia su mari calmi, quieti, baciati dall'eleganza.

Se ci si infiamma nel momento sbagliato e poi si finisce a scoppiar di rabbia o di dolore.

Traslocarsi

Smottamenti da cambio di residenza. Sam parte da lontano per non tornare dov'era, per ritrovarsi o riperdersi nei pressi di quel centro che ha perso l'equilibrio, di quella capitale di cui non ritrova le coordinate vitali.

Istantaneo crollare di certezze al momento in cui il sentirsi senza un tetto – spalle gravate dal peso d'una borsa colma di vita, stomaco vuoto di pietanze di famiglia, gambe annoiate da ore di inattività a vano fine - diventa palese, non rimandabile, evidente, pressante.

Sam si incammina, ma non sa ancora dove finirà per trasferire sé e le sue attività vitali.

Turbamenti da ricerca debole, mutilata da ristrettezze economiche, mitigata o funestata da patteggiamenti con esigenze di sorella, addolcita dal supporto di chi promette abbracci, costeggiano da vicino, minandone l'armonia, il suo passeggiare beato da flaneur in ritardo sui tempi.

Ancora in transito, tuttora di passaggio, piuttosto fuori posto, fuori luogo o senza luogo.

Non ha in mente lo spazio di cui vorrebbe fare la conoscenza. Né il soffitto che farà compagnia alle sue notti. Non osa immaginarlo.

S' intristisce nel pensar come debba riprender ancora la lotta al limite di regola che, come lupi ed agnelli nevrotici, incarogniti, furbi e teatranti, coinvolge locatori ed affittuari, proprietari senza remore e studenti senza appoggi, vincitori e vinti, in un vortice malsano di speranze triturate.

Famo un contratto. Famo un patto. Famo un ricatto.

Non è che posso paga', non è che posso regala', non è che posso assicura'

Sotterfugi di vario fascino e disintegrata natura popolano le indagini. Ci si fa beffa delle imposte statali, si nega all'uomo una minima dose d'umanità, si cancella la dignità dalla propria carta d'indentità.

Stringiamoci la mano, sorridiamo alla nostra innocente promessa, moriamo lentamente nel dirci pronti a firmare, ad abitare, a pagare.

Facciamo finta di vivere pensando ai collegamenti possibili, ai tempi di percorrenza, a come potremo spender bene i denari rimanenti. Facciamo finta di far delle esperienze, di provare delle emozioni, di mandar avanti dei progetti, di costruire percorsi ed accumulare punti.

Aspettiamo fiduciosi il nuovo tradimento che presto o tardi, dall'alto o dal basso, non mancherà d'arrivare.

sabato 20 settembre 2008

Disponibile da subito

Affittasi al miglior offerente una vita tranquilla, in terra non contaminata da speculazione ed affarismo.

Affittasi anima a cuore privo di referenze.

Affittasi unità mentale rinnovata da lungo soggiorno in terra natia, ristrutturata con cura per mezzo d'un corretto uso degli eccessi più sani, accessoriata tramite ricorso continuo ad ogni campo cui la curiosità conduce.

Si loca ad ore a mesi ad anni a tempo indeterminato. Abitabile da subito. Affinché il soggiorno al suo interno risulti gradevole e produttivo, è necessario che le sia consentita una prolungata esposizione alla luce delle menti altrui.

Vive rigogliosa funzionale splendente solo se non lasciata in stato d'abbandono.

Per maggiori informazioni contattare l'affezionato curatore che di nome fa Pensiero, in tempi e luoghi che prescindono dalle consolidate abitudini mercantili in cui di solito ogni patto viene stipulato.

mercoledì 17 settembre 2008

Prendere la mira


Conservar lo stato di viaggio,
sospendere la quotidianità per farsi trasportare in itinerario non indicato su guide turistiche.
Constatar che l'isola promessa è sempre all'orizzonte,
il film pensato è sempre da girare,
la mano che sogni è celata in tasca,
il livello successivo è ancora da superare.

Consulti il tragitto e noti come del tuo cervello nessuno faccia menzione,
non una nota ne indica i meandri,
non un segnale ne indirizza l'esplorazione.
non un avvertimento sulla pericolosità di sbatterci contro.

Nessuno è ancora passato da qui, dunque, confesso orgogliosamente, sarà compito mio portar avanti le ricerche, avanzare con circospezione tra scogli neri fatti di grigie meditazioni ed impetuose colonne d'aria che spingono in alto quel vortice colorato e non controllabile delle idee popolanti tale misterioso luogo.

Troverò qualcuno che sembra me, che mi apparteneva ed è già andato.
Troverò qualcuno che sta per arrivare, mi farà strada e si farà da parte.

Posti occupati



C'è chi va controcorrente, non cerca più occupazione, poiché del prendersi cura d'un' altra anima, d'un'anima altra, ha fatto la sua ragione d'avanzare.



Posso occupare il tuo spazio?

E' tuo

Già occupato da te

Pienamente dis-occupato da quel che non ti riguarda


l'Io sotto occupazione lirico ironico paranoico recita ogni sera una cantilena, a luci spente, a cuori aperti


Io mi occupo di te

come

tu occupi me

Facciamo occupazione

occupiamoci

rendiamoci occupati

Non accettiamo altra occupazione all'infuori di noi

tu ti occupi di me

come

io occupo te

Pre-occupiamoci

diciamoci occupati

Non consideriamo alcuna occupazione all'infuori di noi



lunedì 15 settembre 2008

Pensare un percorso, tracciare un sentiero


Pensare un percorso. Mettersi in mente un'idea e far in modo che sia tua guida.
O mettersi in mente che d'alcuna idea può servirsi la tua anima per andar avanti.

Zoppicare, inesorabilmente, tra un'intenzione un suggerimento un consiglio. Dar in pasto alle tue orecchie la fertilità ingenua o esperta del giudizio amico.

Come vuoi che proceda il sentiero?

Vuoi che si dispieghi in linea retta o slalomeggiando tra un impedimento e l'atro, sbandando con trasporto tra un lato e l'altro, distraendosi animatamente tra le diverse fasi del vedere e del capire.

Se azzardi il gesto avventato di offrirti con sprovvedutezza, il pericolo è disperder la tua carica in un indistinto volersi presentare, farsi vedere, mettersi in mostra, esporsi senza impalcatura solida alle spalle.

Quale logica segue il tuo cammino?

Dimmi, tu entri e poi attendi che qualcosa accada,
o attendi l'evento e poi entri a farne parte?

domenica 14 settembre 2008

Quando pensi di tornare


A - Sto guardando ...devo dire proprio niente male.

B - Ma che cosa guardi???

A - Mi guardo. Lo faccio con candore, con calore dello sguardo, con gestualità appassionata, di chi è intento con gli occhi ad abbracciare un corpo lontano

B - Ti guardi guardare??

A – E' il mio spettacolo preferito. Ho provato a prendere congedo dal voler essere. Ed ecco: adesso non sono!

B - Sei spettacolo di te stesso?? Lo spettacolo che te stesso cercava, agognava con la bava alla bocca??

A - Esattamente. Non ci sono e mi rallegro nel guardare quel tipo barcollante, senza direzione precisa, che prova ad essere se stesso, ovvero prova ad essere me, ad essermi, direi...

B - E quando pensi di tornare, visto non ci sei???

A – E' la contingenza, è la congiuntura sfavorevole a non permettermi di (non) tornare sui miei passi, o meglio, di tornare dentro i miei passi...

B - Buona sia la tua ricerca allora...ti auguro di non trovarti, se ti riesce in tal modo di continuare a ridere così di gusto!

A – Non dovrebbe cambiare la situazione, per ora... va per le lunghe..ciò mi immagino, mentre osservo, ed insieme di questo mi inquieto. Non ci si sposterà dallo stato di non presenza, fin quando almeno mi accorgerò di non essere che altrove dal luogo in cui mi trovo.

B – Hai bisogno d'un coraggioso atto di cannibalismo! La vita dovrebbe mangiare questa tua presunta coscienza di non essere (in vita)...
Dovrebbe mangiar te, farti accomodare nella sua grande pancia dove si fa quel che si fa e non quel che si dice di fare...

venerdì 12 settembre 2008

Stendersi


Si stendono i progetti sul tavolo del futuro, li si appende al palo del dubbio, li si proclama in silenzio, li si impicca al cappio della pigrizia, li si interroga al banco della paura, li si disegna li si cancella.

Li si confronta con i loro omologhi passati, con i finanziamenti concreti e spirituali di cui potrebbero giovarsi, li si nutre di nuovi numi tutelari, di nuovi modelli, di inediti percorsi, di forze fresche e risentimenti antichi.

Si stendono i progetti come fossero panni. Li si lascia all'aria affinché respirino, si facciano vedere, si riscaldino al contatto con gli occhi altrui, s'asciughino da tutte le impurità che il lasciarli per troppo tempo nell'umido limbo cerebrale avrà certamente provocato.

Si stendono tuttavia anche poiché oramai espressi, non più semplice nube potenziale che vaga nell'universo personale. Li si fa emergere e già non sono più loro. Sono il proponimento estemporaneo o meditato che quel momento suggerisce. Sono stesi e dunque forse non più capaci d'esprimersi, di produrre energie, di farsi, di completarsi.

Ci si stende a terra pensando a quel che sarà, ma una volta stesi i progetti potrebbero essere non meno che morti.

Spazio


Pensare lo spazio

Spaziare

in lungo ed in largo

Fare spazio Farsi spazio

Cercare il proprio spazio

Spazio libero disponibile vuoto

Spazio occupato delimitato negato


Lasciare spazio, rubare spazio guadagnare spazio


Allargare lo spazio


Ridefinire riconsiderare riordinare lo spazio Misurare lo spazio


Spazio conteso difeso vilipeso

Lottare per il proprio spazio Concedere spazio


Spazio tempo Immaginare lo spazio del tempo


Occupare riempire gestire gli spazi




Andare nello spazio








Lanciarsi nello spazio


infinito


non finito


sfinito





Mancanza d'altro spazio

giovedì 11 settembre 2008

Indefesso


Talento depresso o inespresso?

Sono perplesso, non miro al successo!

Confesso

Mal messo poiché compresso

dal complesso

del dirsi in eccesso,

troppo spesso,

Fesso.

Concesso che il decesso

del nesso col sesso

ha in tal regresso

il riflesso.


mercoledì 10 settembre 2008

Entrare


Posso entrare?

Prego, si infili pure dove solo a lei è consentito l'ingresso.

Quasi tutto, ogni azione del relazionarsi sociale, intimo o ufficiale, bieco o elegante, illegale o regolare, ruota intorno a questa emblematica questione.

Entrar a far parte d'una classe, d'un gruppo, d'una casta, d' un'associazione, d'un circolo più o meno chiuso, d'una nuova famiglia. Valicare un monte, penetrare un corpo, oltrepassare una frontiera, immergersi in acqua, condividere lo spazio privato d'un pensiero, afferrare un'idea. Tutte azioni che rientrano nell'ordine dell'entrare.

Gli spazi chiusi che il regime di Proprietà privata impone legittimano tale dinamica, peregrino movimento collettivo ed individuale, dell'entrare e dell'uscire, del passare da un ingresso per finire in un altro, inedito o già conosciuto, ambiente.

Se spesso il passaggio è segno emblematico, cerimoniale e “storico” d'un dirigersi verso un'altra fase della propria esistenza, capita a più riprese, con frequenza progressivamente crescente, che questo spostarsi, trasferirsi, ri-locarsi, avvenga in modo tanto oscuro o impercettibile da non esser notato che a posteriori, quando la scia dell'azione è ormai visibile solo ad enorme distanza dal soggetto che l'ha compiuta.

La soglia da varcare, oltrepassare o viceversa da non toccare, da temere, è spesso più di livello psicologico che di natura fisica.

La fascinazione irresistibile verso ciò che è celato dietro la siepe, ciò che la vista non raggiunge con il solito agio, il solito acume, è molla emotiva di enorme vigore, capace di far viaggiare l'immaginazione verso lidi lontani.

Il discorso sui limiti interessa tutto il rapporto dell'individuo con l'autorità, quella statale, quella divina. Il senso della misura si scontra con la necessità di esagerare, il disumano voler non accontentarsi sfonda ogni buon senso per avventurarsi nel buio, nel varco lasciato vuoto dai manuali di visita pre-organizzata.

L'impervio cammino verso quel che c'è dall'atro lato irrompe come punto di domanda insistente sulle forme di vita possibili ove la vista non arriva. L'accessibilità al sapere, il suo progresso si disegnano dunque come una serie di porte chiuse a chiave da forzare, sfondare, eliminare, superare.

Una porta chiusa, la più muta o la più fascinosa, assume la significazione di barriera verso il conoscere, ed insieme diventa il nutrimento più grande per chi ama nutrirsi d'immaginazione.

Rubando sagge beffarde parole a Donald Barthelme, "Se il desiderio sparisce istantaneamente non appena la soddisfazione diviene facilmente accessibile, l'ondata della libido raggiunge il culmine solo alla presenza di un ostacolo".

L'antro oscuro, profondo o esperibile in superficie, difficilmente raggiungibile, inafferrabile, che una porta, una finestra, un ingresso costituiscono agli occhi e ai sensi di chi fa l'esperienza di meditarci per qualche istante davanti, agisce sull'intelletto come formidabile fertile impedimento creativo.

martedì 9 settembre 2008

Sam potrebbe essere esposto a rischi




Gli aggiornamenti al suo sistema nervoso non sono disponibili al momento.
L'opinione più diffusa è che l'accesso con il mondo non sia stato effettuato nel modo più corretto.
Si tratta di errori non ben ricostruibili nell'ordinaria attività di caricamento pagine mentali.

Al momento dell'azione i funzionari ed i custodi della legge lo ammoniscono con un ripetitivo: Impossibile, per un elemento sovversivo come lei, eseguire serenamente l'operazione richiesta.

Sam si accorge così che la sua connessione con il variegato ed ostile universo circostante è soggetta ad ostacoli di diversa natura, impedimenti non sempre comprensibili che finiscono per renderla limitata o assente.

Quando sopraggiunge, nel suo curioso spirito indagatore, la voglia di inoltrarsi oltre il recinto del già visto ed esperito, più in là del popolarmente disponibile, del facilmente acquistabile, il sito verso il quale si spingono le mire conoscitive, si autoproclama come probabilmente, inspiegabilmente non essere disponibile al momento.

Capita a più riprese che problemi imprevisti sappiano rendere di colpo impossibile l'applicazione, l'attuazione, l'esecuzione in forme non solo ideali di quei vaghi movimenti del cuore e dell'intelletto che prendono il nome di intenzioni creative.

Si inizia così a dubitare che il periodo di prova sia forse giunto ormai al suo termine, che sia ora di procurarsi una versione adulta e matura del proprio Io, che le password d'accesso ai tesori di un certo sapere, di cui si faceva uso fino a poco tempo addietro, siano ormai obsolete, decrittate da troppi e non più valide per districarsi nella sfera del vivere non zoppicante.

Sarebbe il caso di eliminare qualche files in maniera definitiva?
E' proprio sicuro di voler uscire da questo sistema o pensa che le riparazioni possano andare avanti senza danneggiare elementi del passato?

Spegnersi o riavviarsi?

lunedì 8 settembre 2008

Ci sono Io

Guardare. Pensare a guardare. Pensare di guardare.
Osservare. Guardare vedere. Osservare attentamente.
Io guardo te mentre vedi qualcuno che osserva uno spettatore.

Tentativi di varia natura di sopravvivenza ad una notte in nave senza che un letto o una poltrona sicura possa far da confortevole giaciglio.
Spalle al muro, aria condizionata incline a raffreddare ogni residuo di bollore estivo, con il pallido progetto di dormire su due poltrone da bar, sento lontane le eliche del traghetto che mi trasporta/ri-porta in Italia.
Poltroncine a schienale basso e media morbidezza. Finta pelle, tinta unica, azzurra o rosa.
Attorno ai tavoli circolari principalmente teste dormienti.
Dal mio punto privilegiato, pochi passi a sinistra del plasma a voce greca piazzato dove migliore è la visibilità per tutti gli avventori del bar, posso osservare.
Dall'angolo sinistro, in basso.
Coppia di cinquantenni. Già spenta. Lei copre anche il capo con una giacca a vento nera. Le gambe si allungano sulla poltrona che le sta di fronte.
E poi
C'è chi si abbandona a lunghi sbadigli. Chi, rassegnato alla scomodità, fissa dritto il vuoto che attornia i suoi piedi.
C'è chi fuma ad occhi chiusi, chi legge stancamente aiutandosi con lenti spesse colorate.
C'è chi di due poltrone ha fatto un letto.
Chi si copre con felpa. Chi dorme inclinando il capo, violentando il collo, accavallando le gambe.
C'è chi rimane a piedi nudi e chi conserva calzature pesanti. Chi fa il punto della situazione insieme ad un caffè, un collega, un pacco di Marlboro a fargli da trottola.
C'è chi chiacchiera. Chi dubita che sia permesso sostare in questo ambiente per l'intera notte. Ch'è chi dall'alto d'una giovane età ha bevuto troppo, s'indigna di non esser capito nella sua strana lingua, chiede un'altra vodka, finisce a camminar barcollando, a dormire in piedi.
C'è chi fuma l'ultima sigaretta. Chi si lecca i baffi pregustando una notte diversa, c'è chi spinge lo sguardo a terra e cerca uno spiraglio per i propri piedi. C'è chi ha voglia di baci anche a tarda ora. Chi s'innaffia il volto bevendo birra in lattina. Chi fa tintinnare lo scacciapensieri corfiota che fa roteare tra le dita.
C'è chi cambia posizione. Chi non l'ha mai trovata. Chi s'infila nel proprio sacco a pelo. C'è chi scrive con frenesia. Chi finisce di vedere Sex&the City alla tv. Chi si trastulla con il portatile. Chi aggiunge una maglia alle spalle infreddolite. Chi legge ad alta voce servendosi di lenti d'ingrandimento.
C'è chi ricapitola tutto il cibo ingerito durante la vacanza. Chi tra malinconia e solitudine s'autoscatta. Chi gioca meccanicamente a carte. Chi progetta ad alto volume il suo prossimo futuro delimitando lo spazio utile al riposo del corpo. C'è chi al bancone attende, schiena curva, barba bianca, occhiaie notevoli, che ancora qualche cliente chieda il suo aiuto. C'è una madre vigile che cura il sonno della figlia.
C'è qualcuno che tira ancora fuori del denaro. Chi passeggia nervosamente. Chi fa conoscenza. Chi arriva da un'altra stanza. C'è chi sbircia l'attività altrui. C'è un telefono che squilla. Più di una lingua corre nell'aria. C'è chi starnutisce. Chi sbadiglia. Chi si tiene la testa tra le mani. Chi ha mille pensieri in testa. C'è chi aspetta che io finisca per poter leggere ciò che ho scritto.
Ci sono Io.

domenica 7 settembre 2008

La testa al posto

Ha perso la testa? In caso la trovasse, pensa di sapere ancora dove metterla?

E' sicuro di poterne rintracciare a breve le sue attuali oscure coordinate?

In caso la ritrovi prima che scoppi, veda di rimetterla a posto!

Di ri-metterla alla sua funzione di parte pensante del binomio notevole corpo-mente


Metta la testa a posto, la sposti con delicatezza.

Non è più consentito, alla sua matura età, di tenerla ancora lontana dalle sacre regole del vivere civile, sociale, organizzato.

La metta sotto qualche etichetta, la riponga dentro uno dei barattoli preposti a ferreo uso regolatore dall'ordine costituito.


O meglio, ribaltando utopisticamente l'ordine delle cose: metta la testa nel posto che preferisce.

La metta in uno di quei posti in cui possa dirsi indipendente.

Dal corpo e dal corpo socio-giuridico.

La faccia diventare testa non condizionata.

Usi la sua testa. Si accorga di averne una.

La incastri tra il mondo e l'Io. Ma non si faccia incastrare!

Faccia a testate con i meccanismi coercitivi, quelli che s'arrogano di parlare di vie giuste e di relazioni normali.

Ripari la sua testa se attualmente soggetta a sbandamenti, incrinature, mal funzionamenti.

La ripari o la metta al riparo.

Non la lasci mai sola!

sabato 6 settembre 2008

Si metta scomodo


Si metta scomodo, la prego!
Non vorrei si addormentasse subito!
Cerchi di impedirsi un regolare soporifero soggiorno su questa poltrona.
Tenti piuttosto di saggiare le posizioni più bizzarre e ostiche.
Le consiglio qualche sana inversione dell'alto con il basso e del soffitto con il pavimento.
Non usi tappi per le orecchie, potrebbero appiattire fino allo zero l'ascolto del mondo esteriore.
Non provi a poggiar il capo su una superficie morbida.
La comodità è periglioso cuscino alla creatività intellettiva.
Digrigni i denti per la fatica, rimanga sotto la più infernale pressione per tutto il tempo che la sua pazienza le consente.
Non faccia uso di sostanze che facilitino il sonno della ragione, potrebbe accorgersi troppo tardi d'aver bruciato per strada più tempo del possibile previsto.

giovedì 4 settembre 2008

Isole


Autarchici intenti isolani. Autentici proclami da permanent vacation. Risoluta e decisa volontà d'autosufficienza. Isolarsi. Farsi isola. Finirla con i contatti, i link, le news. tuffarsi.
Poi far riemerger il busto e a palpebre serrate sentire i propri fianchi carezzati dall'acqua così come lo sono giornalmente, eternamente, le spiagge e le rocce sulle quali passo ora la fine d'una stagione.
Qualche imbarcazione attracca ad intervalli irregolari ai miei porti. Mi perlustra, mi indaga. Cerca di scoprirmi. Se ne va in silenzio o persiste. Quali tesori o quali asperità presentino i miei confini cutanei sono solo tali esploratori (esploratrici?) a saperlo. Ad un’isola non è dato di conoscere con esattezza i propri confini, i propri limiti, le proprie capacità. Un’isola sa solo che intorno a se stessa c’è qualcosa che ne circoscrive e condiziona l’agire, o che piuttosto preserva un alto grado di libertà alle azioni svuotate della paura del nemico “altro”.
Essere isola per girare intorno a me stesso. Nutrirmi dei frutti che l'Io propone. Eleggermi sovrano e sacerdote del tempio inedito o forse già mille volte crollato dell'ego ( -centr-) ismo. Mettermi al riparo. Non farmi cercare piuttosto che non farmi trovare.

lunedì 1 settembre 2008

Il mio inciampare quotidiano


Credo in una sola mossa, il procedere interrotto dei propri passi.

Quando non prendo sonno, inciampo. Colto da maldestria, mal destrezza acuta, moltiplico gli ostacoli inevitabili verso i quali i miei sensi e il mio corpo mi spingono.

Non cado, ma ci provo a ripetizione. Lo faccio con una certa dedizione. Arrivo ormai fino all’istante in cui il baricentro si trasferisce lontano da me e mi invita a crollare a terra. Difficile, terribile cadere. Comprendo ora con maggiore cognizione di causa quel dilagare di monumenti ai caduti in ogni piazza nei nostri centri abitati. Tali figure dalle sembianze eroiche hanno compiuto quel passo squilibrato che ancora alle mie capacità non è consentito raggiungere.

Dopo l’inciampare, logica vorrebbe che ci fosse il cadere. Ma in tempi di carestia dell’argomentare rispettoso del rapporto causa effetto, in un momento in cui la ragione ha deciso di andare in vacanza a tempo indeterminato, la mia attitudine è quella dello stare ad un passo dal passo del cadere.

Inciampare. Baluardo principe all'indifferenza, evidente o celata, del passare a lato, dell'evitare lo scontro con passo felpato, del trovare scuse atte a sgusciar via dalla realtà con la quale dovresti sbatter contro.

Forse inconscio precursore della nuova figura disegnata dallo sceneggiatore divino, a metà strada tra l’epico e l’eroico, tra il comico ed il grottesco, quale inciampatore provetto tengo la pianta dei miei piedi tanto bassa da scontrarsi frequentemente con ogni superficie ornata di dossi, o segnata da concavità e convessità anche di minima rilevanza.

Tengo basso il mio profilo ma sempre alte e vigili le mie antenne.

Se il corpo a passeggio si presenta come un organismo sonnacchioso, i miei sensi vivono d’un eterno ribollire.

Se in caso di caduta rischi seriamente di farti male, , inciampare risulta piuttosto un lieto avvertimento,tutt’al più un avviso di tempesta cui si può ancora porre rimedio.

L’inciampo, non più controllabile, s’espande a macchia d’olio, interessa ogni campo d’azione.

Inciampo dunque sul marciapiede, nell’atto di salir le scale, ma anche nella lingua, nelle parole. Inciampo in un malinteso o in un equivoco, in un incidente di percorso, in una giornata sbagliata o in una cattiva amicizia.

Inciampo in sguardi curiosi, indagatori, intenti a trapassare le mie difese, a prendersi gioco della mia stabilità. Ho più problemi a riconquistar l’equilibrio (o controcorrente esulto nell’averlo perso) se inciampo nell’amore. In tal caso le tue linee d’interesse tendono a converger tutte verso un punto vicino o lontano, un punto che ti spingi a chiamar musa e che agisce nei tuoi confronti come una calamita (o una calamità?) sorridente incantevole e misteriosa.

Con viva gioia ed altrui geloso clamore riesco a tratti nel compito supremo, inciampar nella vita, senza premeditazioni, senza precauzioni, senza protezioni di sorta.

Come l’accendersi improvviso d’una luce, come un fulmine che ti colpisce in fronte, questo raro accadimento destabilizza con virulenza, incrinando la certezza del mio passo.

Questa sinistra assenza di destrezza ti fa ridisegnare la traiettoria del tuo essere al mondo. Come un girare pagina mosso dal caos più che dal progressivo dispiegarsi dei numeri, come l’aggiunger in fin di frase un’esclamazione dissonante con la logica del discorso, inciampi nella vita. E cambi.