martedì 27 ottobre 2009

La direzione


Nella giungla di frecce che popola il cammino, La direzione (quale delle tante?) ti convoca per un colloquio.

Resta il dubbio se sia tu a sceglierla o lei a scegliere te.

Una volta legato ad essa, la direzione inizia a correre e ti incita a seguirla. Poi la solita corsa. Il solito bagno di sudore. Essa farà di tutto per farti perdere le sue tracce e tu, nel dubbio che la strada che hai imboccato non sia quella giusta, cercherai in ogni segno una traccia del suo passaggio.

La direzione declina presto ogni responsabilità. Riguardo le speranze e le occasioni perse per strada, mentre si soggiornava su questa terra incustodita, non ne vuole a che sapere.

La direzione declina, invecchia, canuta si logora e si ingobbisce.

La direzione a volte cambia. Faccia o senso (di marcia?).

Più spesso la direzione si smarrisce. Si sgualcisce. Si sfinisce.

E ad un certo punto anche la direzione decide di spostare altrove la sua stessa direzione.

martedì 13 ottobre 2009

Una di queste code

Procedendo in fila o cedendo ad essa.

...d'una coda nera e assai borghese...ben coperti, ben equipaggiati.

Entrata laterale dell'Hotel de Ville

Una domenica di sole invernale esige un cerimoniale da non trascurare.

Solo chi è candido, chi è di spirito non corrotto, chi è bambino ancora, può stare al di là d'ogni barriera, non legarsi alle catene dell'attesa.

Solo chi non ha pacificato il suo sguardo può vivere ignaro d'ogni margine e d'ogni ostacolo che leggi del quieto e castrante vivere sociale vanno costruendo per raddrizzar le storture e riportarci su quella linea di cui non si comprende bene chi sia stata l'anima tracciante.




lunedì 12 ottobre 2009

Dopo Magritte?


...Questo non è quel che vi pare
e
quel che vi pare non è...

venerdì 9 ottobre 2009

Ci sveglieremo mai?


Cercasi musa (con) appassionata mente.

Tu mi turbi e le strade del Signore sono finite. Dolci violenze verbali riconvocando alla nostra memoria un Troisi reincarnato, in tutta la sua amabile afasia da discorso interiore inesprimibile a parole umane.

S-formiamo parole di senso incompiuto, in battaglia con le truppe del “non so se ci siamo capiti”, quelli ancora impigliati nella ragione e impiegati al servizio – alle di-pendenze - del senso mancante e mancato delle cose.

Un minestrone di La Repubblica come pasto post-cena, ri-tagliabile, s-componibile, da ri-s-comporre a caso.

Una combinazione delle mille qui s'arresta:

In cielo devono aver finito il rum.

L'ora del “nulla sarà più come prima” raddoppia la solitudine della mia vita.

Trovare lavoro senza panchina.

Noi regaliamo proprio [giochi d'abilità per disabili]



I nostri sguardi compensano (al)le nostre s-viste.

Condividiamo il nostro calice alcolico e facciamone imperituro e sprovveduto uso. Non limitiamoci non imitiamo chi non vuole imitare.

Ripetiamoci se così vuole il copione mai scritto. Ri-facciamoci. Del tempo disperso. Facciamo uso di connessioni proibite, di concessioni private. Restiamo ancora qui, neanche il silenzio saprà portarci via.

Mal andanti ed eversivi più che viandanti compulsivi Grandi comunicatori dei più traballanti dei momenti. Esitanti decisamente indecisi su che cosa dubitare. Menti criminali che per eccesso di lucidità hanno ucciso la verità e i suoi servitori.

Andiamo allora, che il circo ci aspetta. Ci spetta di diritto così combinati. Domatori o domati, donatori di certo, ognuno imbevuto del suo sorriso, lieto spettacolo per ogni compagno di viaggio.

C'è una iena e c'è un pavone. Troppo ardito chieder anche un leone. È uno zoo per topi. Da catturare con fiori di ferro e colla invisibile. È un parco per volatili a due zampe e non ancora identificati.

Andiamo. Andiamo subito, subito dopo, a poco a poco. Finiamo in un triplice acquario con un sagittario a vigilar dall'alto e con un solo pesce sprovvisto d'ascendente e ben poco competente.

Andiamo dove non siamo portati. A ballare e a cantare. Con l'autonomia impacciata di chi s'accorge troppo di sé stesso. Conduciamoci a occhi chiusi, la maggior dimestichezza si conquista nel proceder a tentoni. Lì, dove c'è solo uno spiraglio, infiliamoci. Non passiamo dall'ingresso, è invisibile alle nostre traiettorie, quel che non si presenta come possibilità di trasgressione delle barriere.

Scardiniamo questi giorni senza accenti, prodigandoci a trovar da noi le situazioni in cui la vita stessa, beffarda e curiosa giocatrice, verrà esclamando d'averci infine trovato, noi che ci affaccendiamo a custodire a lungo termine i nostri in-desiderabili desideri.

Andremo lì adesso, cercando l'anima con l'animo giusto. Al centro d'un palco vuoto, i pensieri in vacanza e la pelle a contattar il mondo. Un platea affollata di fantasmi. Qualche nube, qualche gatto, quel giaciglio intorno ad un cerchio ed uno ancor più grande. Una culla un po' più in là. L'opportunità d'un tele-trasporto, così vicini da saperci spingere a distanza e da quel punto abbracciarci ancora più forte. La luna è qui con noi, lo spazio è come sappiamo figurarcelo.


lunedì 5 ottobre 2009

Tutto il tempo che ci vuole


E se imparassimo ad andare sino in fondo, a fondarci su un nuovo inizio.

Vediamo se è affar nostro sapere da dove partire, o se è per merito altrui che bisogna continuare a patire.

Vediamo se è tempo di far finta d'occuparsi di qualcosa, dimenticando gli specchi e facendoli infrangere una volta per tutti, così da non occuparsi ostinatamente e senza fine del riflettere e del riflettersi

...ma no, non siamo sulla stessa lunghezza d'onda, nemmeno sulla stessa barca. non abbiamo più maiuscole da spendere, nè energie da spremere per confezionare un prodotto grazioso e ben educato...

Il fuso orario ha provocato danni irreparabili alla nostra intesa.

Che cosa ne hai fatto del nostro tempo, come ci si è spinti sino all'aver fatto il nostro tempo.???

Ma, si sa, tutto il tempo che ci vuole è tutto quello che ci manca.

E s'è fatta ora.

Di sfilarsi dalla più ordinata marcia del senso, tagliare il filo del discorso con affilato stratagemma e dunque pro-cedere per gemmazione progressiva di sonorità tra loro familiari.

Cedere il discorso a chi sa continuarlo.

A chi non subisce pena nell'ignorarlo.

A chi potrebbe da ora cominciare ad amarlo.

giovedì 1 ottobre 2009

Alter alter ego

Una dopo l'altra mille parole, di qua e poi di là, un alter ego dopo l'altro, coprendo distanze che da spaziali si fanno mentali e viceversa.

Ti svegli prima di quanto credessi e già i piani sono cambiati.

Ma poi col passare delle ore attraversi lo stadio del consigliere di buoni colpi tennistici, quello dello scrittore alle prese con tema su committenza (la famiglia!), quello dell'attento confidente di sciagurate vicende amorose d'amico in breve sosta romana, quello di fratello alle prese con una doverosa pulizia della casa, quello di apprendista fotografo di momenti meno che vuoti, quello di flaneur fuori tempo – ho visto Umberto D dipinto sul legno di una vecchia porta, a metà della scalinata di via de' Ciancaleoni - , quello di spettatore attento e sbalordito di come un film possa giocare con estrema sottigliezza sulla soglia vero/falso, quello di bevitore notturno in pub irlandese con violinista celtico, nuovi compagni e lingue straniere, quello di pedone affaticato alle prese con latitanti linee notturne, quello infine e soprattutto di virtuale dialogante con anima scoperta come affine e vicina...