sabato 22 maggio 2010

Fecondità inutile


Imprevisti inceppamenti da rito di passaggio con mansueti frettolosi e parzialmente disinteressati giudici officianti riuniti in freddo sonnacchioso semicerchio. D'un discorso rovinosamente abortito in tempo di cerimonia, (tuttavia proprio per questo in comunione di spirito con l'incoraggiamento al cortocircuitare di beckettiana e beniana dissennata smemoratezza). Del non riuscire a (voler) compiere quel gesto di cui ci si aspetta l'esecuzione, del non accettare quel compito di cui l'assegnatario è pronto a sentenziare. Mandante del mio stesso passo falso, ormai consegnato al grande mare aperto che segue ogni fine, propongo fuori tempo massimo un offerta agli assenti, compreso in tale onorata cerchia quel me stesso - disatteso e per nulla disteso - che mancava più di tutti.

Della fecondità paradossale dell'inutile (praticato e, così, negato), ovvero al di là dell'utile e dell'inutile, sorpassando in volo un altro manicheo dualismo, guadagnando con la fatica dell'incomprensione un effetto liberatorio, inteso nel senso di una generale ri-considerazione della vita, dalla pratica quotidiana a quella in cui ci si confronta e scontra con la cosiddetta arte, restituendo pari dignità ad ogni fenomeno sonoro, e ad ogni azione, allargando i confini e rigettando i ruoli che il gusto, il soggetto, l'autore, etc. tendono a imporre sull'opera e sull'esistenza stessa.

Praticare l'inutile, slegando l'arte da una serie di funzioni di cui era investita in modo eterodiretto: comunicare in primis, trasmettere un messaggio, farsi comprendere, servire. I suoni, così come le immagini, così come i corpi, non risultano più impiegati alle dipendenze di un'idea.

Cambiando il punto di vista sulle cose: non più antropocentrismo, ma semmai il punto di vista del cosmo, quello che ci ricorda, ricordandoci di come la terra si muova senza sosta sotto i nostri piedi, che anche la nostra identità dovrebbe rotolare in un sempre diverso altrove.

Praticare l'inutile per ri-considerare le categorie interpretative, gli schemi e le gerarchie di valore, gli assoluti, i confini e i limiti. Le leggi, gli errori, le barriere. Liberandosi dagli investimenti libidici che funzionano come agenti polizieschi nei confronti del consentito e del negato. Contro la separazione tra campi compartimentati e segregati di sapere, schizofrenica circolazione delle (ancora una volta mancate) identità.

Per ri-considerare i dispositivi: il medium è non solo il messaggio, ma diventa la metafora e addirittura il corpo sul quale e con il quale si lavora: contro la sintassi, la punteggiatura, le convenzioni stilistiche, la funzionalità dell'alfabeto, c'è ancora da credere che la rivoluzione si possa fare nelle forme.

Per ri-considerare il rapporto di fruizione all'opera, andando oltre i luoghi e i tempi deputati, facendo cadere i criteri valutativi/misurativi e disarmando i giudicanti.

Per ri-considerare il processo costruttivo: lasciar spazio agli eventi sonori così come si presentano, tendendo a prescindere dal gusto personale, dagli interessi, dalle abitudini.

Predisporsi all'esperienza dell'impensabile e dell'inaudito. Essere nell'atto.

Liberando i suoni dal concatenamento logico, dal discorso, dalla relazione causale, dalla subordinazione al discorso e alla retorica degli affetti.

Per ri-considerare il ruolo dell'artista e quello dell'uomo. Liberarsi dal virtuosismo dell'azione grandiosa e dal culto della vedette attraverso azioni e non esclusivamente appannaggio di pochi eletti; attraverso una riconquista del quotidiano, attraverso l'introduzione del non musicale nell'opera, negando l'esistenza del silenzio e confutando le gerarchie pre-stabilite tra suono/rumore.

Liberando l'esecutore dall'obbligo di articolare il minimo dettaglio della sua opera come costrutto di senso. Liberando l'opera stessa dalla rappresentazione, dall'espressione, dalla retorica, dalla causalità e della teleologia.

Scegliendo la non-categoria dell'astratto per la sua impossibile determinazione ad un contenuto preciso, univoco, oggettivo.

”Rovinandosi” e facendo il cretino, sprecandosi e de-pensando.

Spostando l'attenzione dall'inizio e dalla fine dell'oggetto (il risultato), verso un'esperienza il cui esito non è prevedibile e che perciò, in quanto tale, si avvicina all'esperienza della vita.

Praticare l'inutile come definitiva liberazione dalla noia, che, se si riesce a tenere aperte le orecchie e gli occhi, non esiste più, liberazione dal bene e dal male, dal giusto e dallo sbagliato. Liberazione dall'errore. Liberazione dal progresso, dalla memoria e dalla conservazione.

Per liberarsi dall'assolutismo e dall'espressione del sé e dalla volontà del soggetto: noluntas

Liberarsi dall'imperativo della produttività, dal pensiero aziendale fatto di efficienza, di efficacia, di misurazione.

Liberarsi dall'economia come unico criterio valutativo, fallace dato di natura dal quale decondizionarsi: risalire verso il dispendio sociale improduttivo, verso il dono senza speranza di profitto, verso lo spreco “invernale” (il sacrificio, la guerra, il dono di sé) o l'esplosione primaverile (il riso, la comunicazione sessuale, la gioia estatica), pensare l'essere come fuoriuscita dai limiti dell'utilità, fuori dalla compostezza e dalla ragionevolezza.

Sottrarsi alla chiusura progettuale del linguaggio e della produzione: non servire.

Criminalmente, passare dal controllo dell'evasione all'evasione dei controlli.

sabato 15 maggio 2010

Discussione (sull') inutile



D'inutilità ogni pensiero giudicante si riempe facilmente la bocca.
Una volta tracciato il proprio percorso di senso (il progetto, l'obiettivo, il fine o la fine), quel che de-borda, fuori-esce, non rispecchia le aspettative, non segue la tabella di marcia o per-segue il pre-stabilito viene tacciato d'esser superfluo, vano, vacuo, sovrabbondante, inadatto, non pertinente, senza senso, inutile.

Discussione (sull') inutile

intorno all'elaborato finale senza capo (an-archico) né coda (a-teleologico) di Salvatore Insana

Lettura della definizione inutile a cura di Elisa Turco Liveri

Tavola rotonda sull'argomento presieduta da George Bataille, con la collaborazione di Guy Debord, Jean Baudrillard e Jacques Derrida

Interverranno, tra gli altri, Carmelo Bene, John Cage, Morton Feldman, Antonio Rezza e Flavia Mastrella, Roberto Nanni, Bruno Munari, Emile Cioran, Albert Camus, Werner Herzog, Philippe Petit

Proiezione di estratti rubati da Pierrot le Fou di Jean Luc Godard, Salomé di Carmelo Bene, Elegia di un viaggio di Alexander Sokurov, Dolce vagare in sacri luoghi selvaggi di Roberto Nanni, Torpore internazionale di Antonio Rezza e Flavia Mastrella, La provinciale di Mario Soldati, Umberto D. di Vittorio De Sica, Accattone di Pier Paolo Pasolini

Workshop a cura di Cesare Zavattini e John Cage sulle più avanzate tecniche di apertura mentale degli occhi e delle orecchie.

Prove tecniche di suicidio con Arthur Cravan, Jacques Vaché e Jacques Rigaut

Presentazione del cortometraggio Hommage à John Cage (Salvinsa, 2010)

Supervisione del progetto a cura di Charles Baudelaire, Marcel Duchamp ed Erik Satie

Realizzato con il patrocinio di Giacomo Leopardi e Baruch Spinoza

Gli spettatori e gli altri convenuti si potranno accomodare sulle sedie a-funzionali messe inconsapevolmente a disposizione da Joe Velluto, e potranno intervenire nel corso del dibattito con osservazioni e consigli inutili

Un sentito ringraziamento al professor Giovanni Guanti, che ha reso possibile l'evento



Martedì 18 maggio ore 15

Aula Conferenze
Facoltà di Lettere e Filosofia
Università di RomaTre
via Ostiense 234

sabato 1 maggio 2010

Ad uso ufficio


Affittasi menti ad uso ufficio

Verrà allora il tempo di quella segretaria personale che cerchiamo fin dal principio, colei a cui delegare i nostri stanchi e infastiditi passi tra gli animali sociali, tra sveglie scontrini file cordialità cerimonie appuntamenti scadenze pegni e impegni.

Verrà e si presenterà con zelo: Io sono il vostro Tom Tom esistenziale, provvedo ai vostri disorientamenti, li acutizzo o li allevio secondo la vostra (mancanza di) volontà. Io sono la vostra voltapagine, colei che, quando si tratta di operare una svolta, sa scegliere il momento giusto. Io sono colei che non vi riporterà all'ordine pre-costituito se state felicemente deragliando altrove. Io non verrò a cercarvi se vorrete non esserci.


Cedesi lamenti senza sacrificio. Ma sì, occupiamoci anche dei meno sfortunati per una volta. Guardiamo in alto, miriamo bene, scegliamo il bersaglio con cura. E poi spariamo. Ragionevolmente e con tutta l'assennatezza che le ore notturne portano al seguito.